Spoon River
“Omaggio ad Edgar Lee Masters”
Edgar Lee Master nella sua Antologia di Spoon River, racconta in modo immaginario, sotto forma di epitaffi, le vicissitudini esistenziali dei residenti dell’inesistente paesino di Spoon River, sepolti nel cimitero locale.
Ho letto questa Antologia di poesie e scoperto il poeta statunitense nella prima metà degli anni ’70, grazie alle canzoni di Fabrizio De Andrè, che ha mutuato e inserito alcune poesie di Master nell’album: “Non al denaro non all’amore né al cielo”.
Il libro, divenne da subito, per me in età giovanile, oggetto di lettura e rilettura per lungo tempo. Ho viva memoria di come rimasi affascinato dalle storie straordinarie che si riferivano ai nomi posti sulle lapidi e ai personaggi a cui l’autore diede voce.
Erano i tempi della musica rock, per lo più prodotta dalle band inglesi e americane, dai gruppi e dai cantautori italiani e diffusa principalmente dalle nascenti radio libere. Erano gli anni dei movimenti e di un cambiamento iniziato già nel ’68, e noi giovani degli anni ‘70 ne sentivamo ancora gli ultimi echi. Erano gli anni del cinema e delle letture alternative a quelle designate nei programmi scolastici, e che comprendevano anche, oltre Edgar Lee Masters, le opere di E. Hemingway, F.S. Fitzgerald, A. Ginsberg, J. Kerouac, magistralmente tradotte in italiano da Fernanda Pivano.
Il caso ha voluto che a distanza di anni mi trovassi, in un altro cimitero immaginario: una replica perfetta di come io ho sempre pensato quello di Spoon River, costruita come scenografia di un film.
L’impatto, sorprendente, con questo luogo non luogo inaspettato, ha suscitato in me una forte emozione, tale da darmi l’impressione di aggirarmi proprio nel cimitero di Spoon River e di sentire le voci e l’anima di ciascun personaggio dell’Antologia.
Mi sono subito messo a fotografare, il tempo a disposizione era pochissimo perché stavano per smontare tutto, con massima fretta, per non perdere l’occasione di omaggiare uno dei miei autori preferiti.
Mario Iaquinta
Omaggio a Spoon River
Un viaggio silenzioso carico di suggestioni che ci trasporta in un mondo dove memoria, ricordo e assenza sono segni forti che conducono alla meditazione, verso la trascendenza.
Un omaggio ad un’opera che possiamo definire rivoluzionaria ed ha contribuito sin dalla sua pubblicazione a farci riflettere sullo stretto rapporto tra vita e morte, tra chi siamo e saremo. Una cittadella dei defunti che vive. Testimonianza di uomini e donne che restano presenti. Un luogo che è traccia delle loro vite intense trascorse nella quotidianità di usi e abitudini. Lavori nobili e umili, persone dabbene e sfaccendati, tutti uniti nella corsa della vita verso il suo fine ultimo.
Mario Iaquinta, da sempre coinvolto emotivamente dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, trova la giusta opportunità e disegna per noi, attraverso la scrittura di luce, un itinerario intenso di significato. Percorrendo i sentieri di questa collina ricostruita scenograficamente, come il protagonista di una passeggiata che sa di preghiera, osserva e raccoglie testimonianze. Pietre tombali e nomi scritti, simboli di una sacralità che eleva la vita di tutti e diventa quasi un canto glorioso, un osanna. Inno che si alza come un vento leggero e piano piano diventa una potente voce narrante.
Questa nuova Spoon River è ancora una volta capace di smuovere la nostra indifferenza e far decelerare il nostro andare. Intensità capace di renderci ascoltatori che attenti interpretano, per farne tesoro, le testimonianze di chi ci ha preceduto.
Le fotografie realizzate hanno la forza del documento e dell’empatia. Ritratti di pietra che scuotono e aggrediscono la nostra superficialità. Parole scritte che descrivono sentimenti ed emozioni come voci che gridano per farsi ascoltare coinvolgendo e creando suggestioni emotive. Penetrando in noi diventano evocazione. Fanno memoria, servono a ricordare che il breve tempo della vita non va sprecato. Tutti, in quanto unici e speciali lasceremo traccia del nostro percorso e un qualcosa da donare al prossimo e alla vita stessa.
Orietta Bay
(Critico fotografico)
Mario Iaquinta
È nato e vive a San Giovanni in Fiore (CS) Italy. Della fotografia ne ha fatto un interesse che coltiva dalla seconda metà degli settanta, percorrendo un cammino artistico e culturale basato principalmente su San Giovanni in Fiore, la Sila e i paesi dell’area pre-silana. Ha realizzato, nel corso della sua attività, diverse mostre e pubblicazioni ed ottenuto molti premi sia in campo nazionale che internazionale tra i quali, nel 1980, la medaglia d’argento del Presidente della Repubblica Sandro Pertini al concorso fotografico “Calabria da Salvare”.
È membro G.P.U. (Global Photographic Union), F.I.A.P. (Fédération International de l’Art Photographique), I.S.F. (Image sans Frontiére), F.I.A.F. (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) e U.I.F. (Unione Italiana Fotoamatori).
In occasione del 59° Congresso Nazionale F.I.A.F. 2007 è stato insignito dell’onorificenza A.F.I.. Nel 2020 la F.I.A.P., gli ha conferito l’onorificenza A.F.I.A.P. (Artist Fédération International de l’Art Photographique) e nel 2021 la U.I.F. (Unione Italiana Fotoamatori) l’onorificenza B.F.A***.
Con la mostra “I segni dell’uomo – Erano case”, nel 2010, è stato il primo autore dell’anno F.I.A.F. Calabria. È presidente dell’Associazione Fotografica Florense nonché direttore artistico dei meeting di fotografia Città di San Giovanni in Fiore. Sue fotografie sono state pubblicate su, libri, cataloghi e riviste sia a carattere locale, regionale, nazionale che internazionale.